da sanch1_admin | Lug 25, 2019 | Novità
Sei un lavoratore e hai firmato una rinuncia ingiusta ai tuoi diritti?
Oppure sei un datore di lavoro e vuoi regolarizzare una situazione in essere con un tuo collaboratore?
In entrambi questi casi ricorda che il lavoratore è considerato soggetto debole nel rapporto con il suo datore di lavoro, e pertanto la legge prevede a sua tutela delle formalità per la rinuncia ai suoi diritti.
Se un diritto discende da norme derogabili di legge o di CCNL, oppure dal proprio contratto individuale, allora la legge prevede che il lavoratore possa impugnare l’atto di rinuncia ai sensi dell’art. 2113 del codice civile.
Tale impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza:
– entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, se la sottoscrizione è avvenuta in costanza di rapporto,
– o entro sei mesi dalla sottoscrizione, se successiva alla risoluzione del rapporto di lavoro.
L’impugnazione può essere effettuata con ogni mezzo, e preferibilmente con una lettera raccomandata o una pec contenente una esplicita manifestazione della volontà di revocare il consenso prestato alla rinuncia del proprio diritto.
Al fine di rendere le rinunce e le transazioni valide e inoppugnabili è possibile ricorrere ai seguenti metodi di conciliazione:
- conciliazione in sede amministrativa,
- conciliazione sindacale;
- conciliazione davanti al giudice.
Se hai necessità di assistenza nell’ottenere il riconoscimento dei tuoi diritti da parte del datore di lavoro oppure vuoi sanare una situazione irregolare puoi rivolgerti al nostro Studio per una prima consulenza senza impegno.
da sanch1_admin | Lug 25, 2019 | Novità
Hai chiesto un mutuo e la banca ti ha applicato condizioni peggiorative solo al momento della stipula?
Capita di riscontrare come vi siano delle differenze tra le condizioni pubblicizzate dalla Banca prima del mutuo e quelle poi effettivamente applicate al contratto.
Tali modifiche a volte intervengono quando il consumatore non può più defilarsi da contratto, come ad esempio quando vi è un termine breve per la stipula di un contratto definitivo. Questo il caso affrontato da una recente decisione dell’Arbitro Bancario Finanziario contro Deutsche Bank S.p.A.
Il “ricorso è invece incentrato sulla lesione del legittimo affidamento riposto dai ricorrenti sulla conclusione del contratto di mutuo alle condizioni concordate in sede di richiesta.Infatti, parte ricorrente sostiene che le previsioni sottoscritte in sede di presentazione della richiesta abbiano concorso, assieme all’assenza di successive comunicazioni sulle modifiche dei tassi, alla formazione di un legittimo affidamento circa il fatto che le condizioni applicate al mutuo sarebbero state quelle prospettate in sede precontrattuale.Sul punto la resistente riporta di aver comunicato, una settimana prima della stipula, (a mezzo e-mail del 23 ottobre 2015 inviata ai ricorrenti ed al notaio), le condizioni aggiornate“.
“Tale elemento a ben vedere non sposta tuttavia in maniera dirimente i termini della controversia: la prossimità alla data della stipula e l’affidamento dei clienti sull’accordo ormai raggiunto rendono la posizione in cui egli si trova meritevole di tutela, non potendosi consentire all’intermediario di modificare i termini dell’accordo pochi giorni prima della data della stipula. L’esperienza del reale rivela infatti come normalmente i ricorrenti si trovino nei fatti “costretti” ad accettare nuove condizioni peggiori delle precedenti, in quanto ormai impegnati con la parte venditrice a sottoscrivere l’atto di compravendita, facendo conto sull’erogazione del mutuo richiesto alla resistente. In effetti, le condizioni previste nel modulo di richiesta del mutuo equivalgono a proposta che viene accettata, col che si cristallizzano le posizioni”.
Così ABF Decisione N. 19208 del 17 settembre 2018.
Il procedimento contro Deutsche Bank si è concluso con la condanna della stessa banca al risarcimento di un ammontare pari alla differenza tra il tasso di interesse contrattualmente applicato e quello contenuto nel modulo di richiesta del mutuo.
Se hai problemi con il tuo mutuo contattaci per una consulenza senza impegno.
da sanch1_admin | Lug 25, 2019 | Novità
Se anche tu hai ricevuto un accertamento, una cartella o un altro atto da parte dell’Agenzia delle Entrate, da parte dell’Agenzia Riscossione (ex Equitalia) o da parte dell’Inps, sei sulla pagina giusta per capire come ti devi comportare.
Questi atti possono essere impugnati, a seconda dei casi, in 20, 40 o 60 giorni dalla loro notifica, quindi affrettati a trovare un professionista che ti possa assistere. Decorso il termine per l’impugnazione l’atto diventa definitivo e non più impugnabile.
Uno dei più frequenti motivi di contestazione delle pretese del fisco è rappresentata dalla prescrizione (v. sito inps).
Difatti i crediti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, si prescrivono secondo diversi termini a seconda del tributo o del contributo di cui si discute:
- i crediti INPS relativi alla previdenza e all’assistenza: si prescrivono in 5 anni;
- i crediti IRPEF, si discute se si prescrivano in 5 o 10 anni;
- i crediti per ICI e IMU si prescrivono in 5 anni;
- i crediti per BOLLO AUTO si prescrivono in 3 anni;
- i crediti per TARI (in precedenza detta Tarsu, Tia e Tares) si prescrivono in 5 anni.
La prescrizione è cosa diversa dalla decadenza del fisco dal proprio potere di accertare maggiori suoi crediti, ma quello della decadenza è un tema di cui ci occuperemo in un altro post, essendoci diverse variabili da considerare al fine del calcolo del termine.
Se hai ricevuto un atto da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, o hai scoperto l’esistenza di un fermo amministrativo o di un’ipoteca sul tuo immobile, puoi contattare il nostro studio per una prima consulenza senza impegno.
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